Sicuramente avrete sentito parlare di più di un film realizzato con lo smartphone. Non dobbiamo lasciarci ingannare, però: al momento gli smartphone, anche quelli di fascia alta, non sono davvero in grado di restituire immagini dalla ricchezza cromatica e dal dettaglio paragonabili a quelle ottenute con videocamere “cinematografiche” come quelle prodotte da Red, Arri, Sony o Canon. Sebbene molti telefoni girino in 4K e molti film siano ancora girati in “soli” 2K, non è la risoluzione a fare la differenza, ma vari fattori tra cui la qualità degli obiettivi, la color science, i sensori e la gamma dinamica. Fattori che fanno sì che certe cineprese digitali, che magari non raggiungono nemmeno i 4K di risoluzione costino più di € 50.000, a prescindere dagli obiettivi, che possono costare anche € 300.000!
La bontà di un film, tuttavia, non dipende solo dalla qualità tecnica della macchina da presa e prima di investire in attrezzature costose un aspirante regista dovrebbe far proprie specifiche conoscenze teoriche e tecniche su come si fanno i film, magari iscrivendosi a una buona scuola di cinema e studiando a fondo la storia della settima arte, guardando centinaia di film. Fatto sta che molti autori di successo si sono recentemente rivolti allo smartphone per ottenere maggiore libertà nella realizzazione dei loro film, mentre molti esordi a basso costo, realizzati avvalendosi di un iPhone al posto di una costosa Arri Alexa hanno ottenuto successo di pubblico e critica.
I più importanti film realizzati con un telefono cellulare
A quanto pare il primo lungometraggio distribuito nelle sale ad essere girato completamente con un telefonino è stato Olive, uscito nel 2011 e diretto dall’attore Hooman Khalili. Nel film, realizzato con un Nokia N8, recita la grande attrice (due candidature all’Oscar) Gena Rowlands e sono presenti cinque canzoni appositamente scritte per l’opera dalla famosissima cantautrice americana Dolly Parton. Olive racconta, con toni tra il magico e il realistico, di una bambina che non pronuncia parole e che vive in un suo mondo personale.
A dispetto dello strumento utilizzato, il cellulare – che pure è stato modificato per poter funzionare con tradizionali obiettivi 35mm – il budget del film non fu irrisorio: vennero spesi oltre 500.000 (cinquecentomila) dollari e da allora Khalili, ancora attivo in America come doppiatore e conduttore radiofonico, non ha più diretto film.
Sempre nel 2011, il noto regista sudcoreano Park Chan-wook e suo fratello Park Chan-kyong realizzarono, con un iPhone 4, Night Fishing un piccolo film di circa 33 minuti, vincitore dell’orso d’oro al miglior cortometraggio al 61° Festival di Berlino. I fondi per realizzare il film ($ 133.000) furono concessi dalla KT, una ditta all’epoca distributrice unica dei prodotti della linea iPhone in Corea del Sud.
Da allora “fare film con lo smartphone” è diventata una pratica abbastanza comune, in larga parte favorita dalle case produttrici, in primis Apple, che ha sostanzialmente chiesto a registi di chiara fama di realizzare film e cortometraggi con il suo iPhone a fini puramente pubblicitari. È il caso di Detour, adorabile cortometraggio realizzato da Michel Gondry nel 2017 con un iPhone7. Lo stile ludico e surreale di Gondry permette al regista francese di sfruttare al meglio il mezzo leggero, ricorrendo alla luce naturale e a un montaggio che, come in genere accade nei suoi lavori, fa sì che lo spettatore si concentri sulle bizzarrie e sul contenuto, prima ancora che sulla qualità della gamma dinamica delle inquadrature.
Altrettanto bene non è andata a Steven Soderbegh, che, sempre con iPhone 7, ha realizzato nel 2018 lo psicodramma dalle tinte “hitchcockiane” Unsane. L’ambientazione del film, un ospedale scarsamente illuminato, rende evidenti i limiti tecnici della videocamera dell’IPhone 7: i contrasti sono troppo duri e la grana dell’immagine è davvero poco cinematografica, cosa che rende il film – un thriller a suo modo avvincente – difficile da percepire come prodotto di buona fattura tecnica. Diversi sono i risultati che Soderbegh ottiene l’anno successivo con High Flying Bird, girato con un IPhone 8. Il film, disponibile su Netflx, non solo ha un’ottima sceneggiatura, ma è visivamente molto simile a qualsiasi film girato con macchine da presa di fascia “cinema”. All’occhio esperto, certo, alcuni particolari non passeranno inosservati, ma per lo spettatore medio, grazie anche a una postproduzione davvero pregevole, la qualità visiva di High Flying Bird è indistinguibile da quella di qualsiasi altro film. Questi risultati sono stati ottenuti grazie anche all’utilizzo dell’applicazione FiLMiC Pro che si sostituisce al software che gestisce di default la videocamera dello smartphone Apple e all’adattatore per lenti anamorfiche Moondog Labs 1,33x che al costo di soli € 175 permette di ottenere bellissime inquadrature in un glorioso formato 2,39:1.
“Se avessi utilizzato macchine da presa tradizionali il film non sarebbe stato migliore…” ha affermato Soderbergh “… Forse sarebbe stato peggiore e sicuramente avrebbe avuto una lavorazione molto più lunga”.
Tangerine, un caso di scuola.
Molti altri prodotti metacinematografici, cortometraggi sperimentali e lungometraggi sono stati realizzati con uno smartphone, ma forse, tra tutti, quello che ha ottenuto i risultati più interessanti è Tangerine di Sean Baker, un regista che, non a caso, proviene da un tradizionale percorso di studi accademici in ambito cinematografico che gli hanno permesso di acquisire competenze di regia e di montaggio e che molto probabilmente gli hanno permesso di affrontare la sfida del “film realizzato con il telefono” in maniera particolarmente intelligente. Tangerine, infatti, non somiglia a nessun film: ha un linguaggio che sfiora il documentario, una fotografia che non vuole imitare quella dei prodotti di prestigio e che sfrutta appieno le caratteristiche del mezzo, e un soggetto originale e inedito: a Los Angeles la prostituta tran Sin-Dee Rella che è appena uscita di galera, va alla ricerca del suo amante e pappone, “reo” di averla tradita con una donna cisgender, mentre la sua amica Alexandra, anche lei prostituta transgender, la segue per la città invitando tutti a un suo concerto. Più di tutti i film che abbiamo citato nell’articolo Tangerine, che è disponibile su Netflix, riesce a mostrarsi come oggetto raro, se non unico, giustificando anche le particolari scelte produttive ed è stato in grado di lanciare la carriera di Sean Baker, attualmente tra i più amati registi della scena “indie” americana.